La
“Slow” Food Valley vista dalla condotta di PR
Il luogo dove si
“parla” con il cibo, chiedendogli da dove arriva, chi lo ha
coltivato, allevato o pescato, ed in che modo, quanti rifiuti ha
prodotto e quanta acqua ha sprecato e CO2 emesso.
Il luogo dove “il
cibo” è al centro e dove la cooperazione, fra chi lo produce e chi
si alimenta con esso, ha come obiettivo la sostenibilità a lungo
termine, nel rispetto e nel ripristino degli equilibri biologici e
degli ecosistemi.
Il contadino della
“Slow” Food Valley oltre a produrre “Il Cibo” svolge alcuni
servizi fondamentali per la comunità e l'ambiente. Fare agricoltura
significa curare e preservare il territorio, ripristinare e mantenere
i suoli fertili, gestire le acque, salvaguardare la biodiversità,
tramandare i saperi e le tradizioni. Un sistema di incentivazione
intelligente associato al risparmio ottenuto con la prevenzione
territoriale, rispetto ai costi delle emergenze, serve a remunerare
questi servizi che non possono essere chiaramente retribuiti dal
cibo.
Il contadino della
“Slow” Food Valley è libero di scambiare e coltivare le sementi
patrimonio della biodiversità, che insieme all'acqua ed alla qualità
dell'aria sono parte fondamentale dei diritti primari. Gli ogm, non
potendo coesistere con le varietà autoctone, ledono questo diritto.
Le aziende agricole
della “Slow” Food Valley sono autosufficienti dal punto di vista
energetico, con il fotovoltaico sui tetti, con il solare termico, con
il mini eolico. Se l'azienda ha una stalla di dimensioni adeguate è
dotata del proprio impianto di biogas che ne utilizza (solo) le
proprie deiezioni, e successivamente separa, tratta, depura il
digestato per ridurre il carico di azoto sui terreni. Se la stalla è
troppo piccola, sarà parte della comunità “produttori di letame”
che con l'arte di fare il cumulo valorizza questa importante fonte di
fertilizzante per i terreni.
La comunità della
“Slow” Food Valley mantiene la sua sovranità alimentare e
riconosce il giusto prezzo al cibo considerandolo un alimento e non
un prodotto di consumo. Contribuisce alla salvaguardia dell'ambiente
e della biodiversità alimentandosi con poca e buona carne delle
nostre razze autoctone allevate in modo sostenibile, ed utilizzando
tante varietà di prodotti locali, di stagione, poco raffinati,
prodotti a basso impatto ambientale.
I consumatori della
“Slow” Food Valley sanno che ogni acquisto è un atto politico
oltre che agricolo.
Le industrie della
“Slow” Food valley investono in processi industriali che
alleggeriscono il carico inquinante, in rispetto alla direttiva
Europea 92/62/CE (attuata con il Dlgs351/1999) dove all'articolo 1
stabilisce: “mantenere la qualità dell'aria, laddove è buona, e
migliorarla negli altri casi”.
Le università, le
aziende agricole, le industrie, i consorzi di tutela dei prodotti
tipici, le associazioni, le istituzioni, i cittadini della “Slow”
Food Valley lavorano in rete per la strategia “Rifiuti Zero”. In
rispetto non solo delle recenti normative Europee, ma soprattutto
delle “recenti” e “prossime” generazioni. Ed in rispetto dei
numerosi posti di lavoro della filiera del Riciclo e del Recupero dei
Materiali.
I costruttori della
“Slow Food Valley non consumano territorio ma ristrutturano e/o
ricostruiscono con l'obiettivo primario del risparmio energetico e
della prevenzione antisismica.
Nella “Slow” Food
Valley si parla di DAC, il marchio regionale di Denominazione
d'Ambiente Controllata. E si pensa all'ambiente, al territorio, al
paesaggio come parte del tutto, che in biologia si definisce Biosfera
ed al centro del quale produciamo il “nostro” cibo Buono Pulito e
Giusto.
Nella “Slow” Food
Valley il turismo enogastronomico, storico ed ambientale, è una
fonte di reddito importante e valorizzato e contribuisce a diffondere
il “Diritto al Piacere”.
Nella “Slow” Food
Valley i boschi fanno ombra ed ospitano biodiversità, e la
certificazione della CO2 trattenuta compensa altre emissioni che la
tecnologica non consente ancora di ridurre.
La “Slow” Food
Valley è parte di Terra Madre ed ha bisogno di tutti NOI
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